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Per comodità lo chiameremo smart working, anche se in rari casi lo è davvero, come abbiamo avuto modo di approfondire in questo articolo. Ma comunque lo si voglia chiamare, questa modalità di lavoro è entrata a far parte della quotidianità di qualche milione di lavoratori in Italia. Certo non è stato facile adattarsi e in alcuni casi si sono dovute superare difficoltà in termini di infrastrutture tecnologiche private (dalla sicurezza delle reti alla disponibilità di pc e altri device per far lavorare i dipendenti da casa), e soprattutto pubbliche, come il fatto di non avere una copertura uniforme di banda larga. Ma alla fine le aziende non si sono fermate e hanno dato il via ad un salto epocale verso una grande opportunità di modernizzazione del lavoro. Ma non tutte hanno considerato i 3 elementi chiave perchè funzioni.

Si è passati da un giorno all’altro dalla scrivania del proprio ufficio al tavolo della cucina ed abbiamo già parlato degli 8 consigli per essere felici lavorando da casa. Nel giro di poche settimane strumenti di video conferenza, di video chiamata di messaggistica istantanea sono diventati strumenti di lavoro indispensabili. Se l’accelerazione tecnologica è stata una criticità, ancora più impegnativa è stata la sfida ai modelli organizzativi e relazionali dove si sono dovute saltare a piè pari tutte le fasi di progettazione, sperimentazione, comunicazione, sensibilizzazione, formazione e monitoraggio.

Ci sono 3 elementi chiave da tenere in considerazione affinché sviluppino quelle skill fondamentali per lavorare efficacemente a distanza e lo smart working funzioni.

Smart working: i 3 elementi chiave perché funzioni

1. Autodisciplina

Farsi travolgere dal lavoro da casa è un attimo. Ci sono moltissimi elementi che entrano in gioco. Alcuni sono di tipo culturale legati ad una diffusa diffidenza verso l’operato dei collaboratori contrapposta alla pressione psicologica del voler dimostrare che si sta lavorando con impegno. In realtà i dati ci dicono che questi timori sono infondati poichè c’è un aumento della produttività del lavoro da una parte permessa dalla possibilità di organizzare meglio l’agenda e gestire la giornata in maniera più efficiente grazie alla maggiore concentrazione e focalizzazione, dall’altra al lavoro fuori orario spesso legato alle questioni in sospeso.

Nella capacità di auto-gestirsi la dimensione del tempo è essenziale. È indispensabile aiutare e supportare i collaboratori nella corretta gestione del work-life balance e, dunque, della sovrapposizione, inevitabile, che si genera tra la sfera professionale e quella personale. Lavorare troppe ore al giorno non da spazio al cosiddetto tempo di recovering, in cui ci si rilassa e non si pensa al lavoro. Bisogna sviluppare un diritto/dovere alla disconnessione. Ci devono essere momenti, come la sera o il weekend, in cui ci si scollega. Diversamente il rischio di burn-out è davvero dietro l’angolo.

2. Modelli di collaborazione a distanza

Il lavoro da casa sta costringendo a ripensare la collaborazione tra azienda e dipendenti, l’implementazione e l’utilizzo dei device, le politiche interne, le linee guida da adottare. Con lo smart working è necessario poi ripensare l’orario classico di lavoro, come valutare i dipendenti, come impostare il rapporto tra colleghi e tra colleghi e manager.

La prima cosa su cui intervenire sono senz’altro i comportamenti e le policy per poi passare a valutare – nel caso non siano già presenti – quali tecnologie sociali sono le più adatte ai propri team. Essendo gli esseri umani per natura restii al cambiamento, modificare il tradizionale modo di lavorare e le proprie abitudini richiede spirito di adattamento e pazienza. L’implementazione di un’innovazione nei processi e nelle tecniche di lavoro richiede tempo per essere digerita, anche perché ciascuna persona si differenzia per il proprio modo di lavorare e relazionarsi con i colleghi.

Fondamentale è un mutuo accordo di rispetto sui termini della relazione: deve essere chiaro ed esplicito che la relazione a distanza necessita di chiarezza estrema e reciproca. In mancanza di questi presupposti, in caso di difficoltà il rapporto si deteriora molto più velocemente che in una relazione “fisica”. I segnali che qualcosa si sta incrinando sono deboli perché mediati, e quando diventano forti ormai la situazione è compromessa. Bisogna essere chiari su questo aspetto perché tocca uno dei punti cardine dello smart working: la relazione nel team di lavoro.

Occorre inoltre monitorare la motivazione e l’engagement sui quali può influire il lavoro in solitudine, e le competenze professionali che a lungo andare possono risentire del mancato scambio quotidiano che avviene tra colleghi e capi.

Affinché le azioni manageriali siano pienamente efficaci, è indispensabile un analogo e consapevole sforzo da parte dei vertici aziendali per:

  • Rendere più fluida la comunicazione nei team
  • Alimentare la collaborazione tra le persone
  • Gestire il numero di riunioni inutili e di email ricevute
  • Implementare soluzioni in grado di garantire una efficiente gestione delle attività e il monitoraggio dei progressi
  • Curare è la qualità e la frequenza delle comunicazioni – bidirezionali – tra responsabili e collaboratori

3. Interazione sociale

Il rapporto umano con i colleghi non può essere sostituito da una riunione su Zoom o una videochiamata e il rapporto tra le persone tende a diminuire con lo smart working. La mancanza di opportunità di interazione sociale è una delle maggiori sfide, i momenti in cui ci si incontra alla macchinetta del caffè sono spesso quelli in cui si viene anche a conoscenza di molti fatti che accadono in azienda, in cui si tessono connessioni importanti o sono occasioni di feedback o di un coaching informale.

Alcuni elementi del lavoro in ufficio sono importanti e se trascurati c’è il rischio di alienazione e di frustrazione perché manca quello scambio informale di informazioni che non può essere sostituito dalle collaborazioni attraverso le piattaforme online. Ogni volta che ci si deve confrontare su qualche argomento, si deve organizzare una videochiamata e questo, dopo un po’, è alienante. E la cosa non riguarda solo la vita lavorativa, l’aspetto connettivo del lavoro – che è sempre stato fonte di interazione – è il primo modo in cui la maggior parte delle persone costruisce le proprie relazioni.

La raccomandazione è di non isolarsi completamente e ritagliare dei momenti per stabilire rapporti informali, cercare un contatto personale e costruire un filo su cui poi proseguire nella “relazione a distanza”.  L’azienda può facilitare questo processo attraverso l’attivazione di canali quali ad esempio social network interni, community virtuali, spazi di incontro informali e l’organizzazione di eventi volti a favorire la socializzazione.  Creare insomma opportunità per avere la possibilità di conoscersi meglio, anche personalmente, e quindi facilitare i rapporti, intervenendo quindi sia sulla dimensione psicologica che quella strettamente lavorativa, per non far percepire alle persone di essere stati abbandonati dall’organizzazione e dai colleghi.

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