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Si fa un gran parlare di Smart Working, è uno dei temi di maggiore attualità per tutte quelle professioni per le quali non è indispensabile recarsi sul posto di lavoro. Le aziende stanno strutturandosi per permettere ai propri dipendenti di proseguire nel loro lavoro. Ma diciamocelo stiamo parlando di Smart Working o di Home Working?

Per dare una risposta chiara, nella stragrande maggioranza dei casi, quello stanno facendo oltre due milioni di lavoratori in questo momento non è Smart Working, ma Home Working. La differenza sta nel fatto che il primo è regolato dal legislatore come una forma di organizzazione del lavoro per fasi, cicli e obiettivi senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro. In parole povere, lo Smart Worker lavora per obiettivi specifici, concordati con il proprio responsabile, da portare a termine entro una data definita. Dove e quando il dipendente andrà ad organizzare la propria attività lavorativa è frutto di una sua libera scelta, a patto – naturalmente – di rispettare la consegna. Il lavoratore, quindi, potrebbe decidere di portare a termine i propri compiti in casa, in una camera d’albergo, nella sua seconda casa, in un luogo pubblico e quando è in villeggiatura con la famiglia. Nello smart working non esiste il vincolo a un luogo fisico deputato all’attività lavorativa.

Quello che molti dipendenti stanno vivendo è stato il trasferimento dei propri strumenti di lavoro a casa, continuando a mantenere gli stessi orari e gli stessi vincoli di organizzazione che avevano in ufficio. Nel Home Working la prestazione lavorativa viene quindi resa lontano dai locali aziendali e all’interno della propria abitazione. Il dipendente non gode quindi delle libertà previste dallo smart working, le stesse responsabilità e gli stessi compiti che doveva assolvere in ufficio vengono trasferiti nella sua casa. Anche se nel Home Working nulla dovrà cambiare nella gestione ordinaria aziendale, così come l’attività operativa non dovrà risentire dell’assenza fisica, i punti d’incontro con lo Smart Working sono comunque indubbi: in entrambi i casi si lavora lontano dalla sede aziendale, nella maggior parte dei casi, anche lontano dai propri clienti e responsabili e per assolvere ai propri compiti ci si avvale di strumenti come i computer.

Quello che di fatto sta accadendo è che l’emergenza in corso sta costringendo a fare dei passi accelerati verso una grande opportunità di modernizzazione del lavoro. Molte delle aziende, pubbliche e private, che si sono trovate da un giorno all’altro a dover organizzare e gestire il lavoro da casa hanno dovuto necessariamente saltare tutti quei percorsi di progettazione, sperimentazione, comunicazione, sensibilizzazione, formazione e monitoraggio di questo modello organizzativo. Trovandosi spesso in affanno in termini di infrastrutture tecnologiche private (dalla sicurezza delle reti alla disponibilità di pc e altri device per far lavorare i dipendenti da casa), e soprattutto pubbliche, come il fatto di non avere una copertura uniforme di banda larga.

E se la parte tecnica ed infrastrutturale sembra la più complessa, in realtà le maggiori criticità sono a livello organizzativo e manageriale. In primis c’è un atteggiamento di diffidenza verso il lavoro da remoto da parte di larga parte del tessuto imprenditoriale e manageriale. Oltre alle difficoltà di coordinamento a distanza dei gruppi di lavoro che rallentano i processi decisionali e produttivi, creando disfunzionalità e inefficienza, c’è una diffusa diffidenza verso l’operato dei collaboratori, del loro impegno e della loro produttività, con una tendenza al controllo e alla rendicontazione del lavoro svolto.

È però indubbio che, pur tra mille limitazioni e ostacoli connessi alla diffusione del virus stiano, le restrizioni stiano comunque, forzando le aziende a innovare e a modernizzare i propri processi tecnologici, organizzativi e manageriali. La complessità del cambiamento organizzativo deve essere affrontata attraverso un’adeguata leadership e lo sviluppo di nuove skill manageriali, in grado di indirizzarlo a livello strategico e garantirne l’efficace implementazione a livello operativo. L’accresciuta distanza fisica, impongono un ripensamento dei tradizionali processi manageriali.

Per gestire il cambiamento, il top e middle management sono chiamati ad individuare soluzioni e pratiche organizzative adeguate che derivano, principalmente:

  • dal passaggio dalla supervisione diretta, al controllo basato su autonomia e responsabilizzazione;
  • da una comunicazione in presenza a quella attraverso la tecnologia;
  • da modalità collaborative in prossimità fisica, a interazioni a distanza

Un ruolo cruciale lo gioca la formazione, da destinare non solo ai lavoratori, ma anche ai manager. L’obiettivo è quello di favorire la comprensione dell’impatto dei cambiamenti nell’attività e nel nuovo ruolo svolto, e supportare l’acquisizione di conoscenze e lo sviluppo delle competenze necessarie, per affrontarli. I manager in particolare, vanno formati da una parte sulle modalità di supervisione e controllo dell’attività svolta in Home Working, dall’altra vanno forniti loro gli strumenti per interpretare la dimensione comportamentale dei collaboratori, per poter essere in grado di intercettare in tempo utile eventuali situazioni di critiche (da eccesso di lavoro o da mancato svolgimento dell’attività).

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