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A due settimane dall’inizio della Fase 2 che ci sta permettendo di ricominciare con la nostra vita, c’è una riflessione frutto dell’osservazione dei comportamenti degli ultimi giorni. Lasciando da parte i decreti governativi che stanno dettando i tempi e le modalità di ciò che ci è permesso fare, concentriamoci invece su quella che possiamo definire la nostra personale Fase 2, cioè come ciascuno di noi sta uscendo da questa fase di lockdown… o non sta ucendo! Il rischio è di restare vittime della Sindrome della Capanna.

Dal 4 maggio infatti siamo ufficialmente fuori dal lockdown e se proviamo ad osservare come stiamo reagendo notiamo due tendenze in contrapposizione: da una parte c’è chi è uscito non appena ha potuto e spende fuori gran parte del suo tempo, recuperando tutte quelle attività che non aveva potuto fare. In altri casi, invece, c’è chi fa fatica ad uscire di casa e sta sperimentando quella che è stata definita la Sindrome della Capanna.

La Sindrome della Capanna

Nella maggior parte dei casi, questo tipo di situazione riguarda tutte quelle persone che hanno vissuto abbastanza bene il confinamento in casa, e per certi versi non hanno più voglia di uscire. E’ incredibile, perchè hanno contato i giorni per poter di nuovo uscire di casa, andare a respirare un po d’aria fresca, a godere del sole, e quando finalmente si sono trovate davanti al fatidico momento, in cui davvero questo sarebbe stato possibile, non ne hanno voglia. Potrebbero essere tante le sensazioni che si provano: un po’ di paura, un po’ di ansia, un senso di insicurezza oppure delle domande per quello che – con i cambiamenti in atto – ci si troverà davanti una volta in strada.

In alcuni casi accade perchè le persone si trovano, ancora una volta, di fronte ad un nuovo cambiamento senza sapere cosa si dovrà affrontare. Queste persone non hanno vogli di rimettere di ancora una volta in discussione la stabilità appena raggiunta, e preferiscono restare in casa, non vedere nessuno e mantenere la routine instaurata.

Ci sono tante motivazioni del perchè è possibile che si provino queste sensazioni, e di seguito elenchiamo le tre principali ragioni per cui potremmo aver sviluppato la Sindrome della Capanna. Il nostro invito é – nel caso tu senta che questa cosa ti appartiene – a farti delle domande e chiedere un supporto se ritieni di averne bisogno. Puoi chiedere ad una persona di famiglia o un amico di aiutarti, se senti che la cosa ti crea disagio puoi rivolgerti ad uno psicologo, se invece vuoi trovare una strategia per affrontarla, puoi prenotare una sessione gratuita con Luisa Tuzza a questo link

1. Il Nido

Il primo motivo che consideriamo è che abbiamo trasformato, in qualche modo, la nostra casa nel nostro nido. Naturalmente, per la maggior parte di noi la propria casa é il posto in cui amiamo stare, ma siamo abituati a viverla a solo in alcuni momenti della giornata: usciamo per andare a lavoro e per svolgere diverse attività. Il fatto, invece, di averci vissuto per due mesi consecutivi, non uscendo o uscendo pochissimo, trascorrendoci tutto in nostro tempo, l’ha fatta diventare un vero e proprio nido, il posto dove ci siamo sentiti al sicuro, protetti.

Oltre a questo, le nostre giornate hanno acquisito una nuova routine che adesso occorre abbandonare per tornare a contatto con un mondo esterno che ci viene presentato dai media come pieno di insicurezze ed incertezze. Avendo perso l’abitudine ad uscire, non conosciamo quello che c’è fuori e quindi iniziamo ad immaginare le cose peggiori lasciando spazio alla paura: paura del futuro, della malattia, del prossimo cioè della persona che incontriamo, paura di prendere decisioni.  Per alcune persone queste paure sono più forti e scomode addirittura di un confinamento in appartamento.

Se in qualche modo ti riconosci in queste senzazioni, è importante accogliere cosa stai provando e comprendere che quello che abbiamo vissuto è stato un choc per tutti noi. Provare emozioni contrastanti è perfettamente normale e che rasserenandoti capirai quale potrà essere il prossimo giusto passo per te.

2. Cosa troverò là fuori?

Legato alle paure è anche il secondo motivo che può spingere a non uscire di casa. Queste ansie sono legate al fatto che, probabilmente, quelle poche volte che siamo usciti durante il lockdown abbiamo visto che le cose all’esterno sono cambiate. Abbiamo visto i negozi chiusi, le code per il supermercato o per la farmacia, pochissime persone in strada che magari si allontanavano non appena vedevano apparire nelle vicinanze un altro essere umano. Abbiamo visto le attività commerciali riaprire con limiti di orario, non abbiamo potuto consumare cibo nei bar o nei ristoranti, non abbiamo potuto praticare sport. C’è la paura che le cose non tornino mai come prima. E poi c’è il distanziamento sociale, il non potersi avvicinare l’uno all’altro e tantomeno avere un contatto fisico. Questo fa sì che per alcune persone non ci sia neanche un valido motivo per per uscire,

Il non riconoscere neanche il quartire in cui si vive può provocare paura e ansia. Uscire con qualcuno – un familiare o un amico – con cui ti senti sicuro, ritrovare i tui punti di riferimento ed i volti familiari ti aiuterà a far scendere il livello di ansia e farti sentire sempre più a tuo agio.

3. Lockdown o slow down?

Il terzo motivo per cui  possiamo avere un po’ di timore è quello forse più interessante da indagare, perché è quello da cui possiamo  trarre delle cose interessanti per il nostro futuro. Andiamo ad osservare quello che è successo nella nella vita produttiva, lavorativa, sociale e affettiva: nella maggior parte dei casi il lockdown ci ha obbligato a rallentare, ad una convivenza continua per chi condivide la casa con familiari o coinquilini, oppure ad un isolamento forzato nel si viva da soli. Questo ha consentito di riscoprire la propria casa, godendone spazi magari mai utilizzati o rimettendo ordine in situazioni rimaste ferme da anni. Ed ha consentito anche di ritrovare una serie di rapporti anche con persone che magari si sentivano da tanto tempo e scoprire un mondo diverso di vivere le relazioni anche distanza. Tutti noi abbiamo sperimentato i video aperitivi con gli amici, i compleanni festeggiati online con la famiglia lontana, addirittura il pranzo di Pasqua in video chiamata, condividendo una tavola virtuale.

Abbiamo trovato una modalità di stare a casa utilizzando nuovi tempi nella giornata, ad esempio quelli dei trasporti. Magari perché ci siamo dati l’opportunità di sentire al telefono le persone in in orari in cui normalmente non si faceva, oppure utilizzare le serate per che in altri momenti sarebbero state dedicate al cinema o ad una cena fuori casa per giocare a giochi di società, ai videogames, o dedicarci alla cucina o al fai da te. Anche se in alcuni casi con delle complicazioni – la gestione della scuola da casa – comunque la nostra vita ha subito un rallentamento, e ci ha consentito di ritrovare vecchie passioni o nuovi piaceri che non abbiamo voglia di lasciare andare per tornare ad una vita quotidiana caotica fatta di stress e di attimi rubati.

Ebbene, se lo vogliamo, possiamo mantenere queste abitudini e rinforzarle, creando dei momenti dedicati. Possiamo scegliere di gestire la nostra vita in modo meno automatico e più adatto ai nostri ritmi naturali e coinvolgere le persone a noi vicine in questo cambiamento. L’abbiamo già fatto… quindi non resta che continuare!

 

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