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C’è un movimento molto importante in atto negli Stati Uniti e nel nord Europa che associa il successo economico di un’azienda ad elementi quali la felicità, la gioia, lo scopo personale e di realizzazione dei dipendenti.

Ne ho discusso insieme a 200 persone durante la 10. International Conference on Happiness at Work, che si è tenuta a Copenhagen il 23 e 24 maggio. Una giornata di conferenza ed una di workshop per apprendere dove è la comunità internazionale sul tema della felicità al lavoro e condividere best practice e strumenti.

Le parole chiave ricorrenti nelle diverse presentazioni sono state: fiducia nei propri collaboratori e fiducia in se stessi, coraggio, rispetto della propria e dell’altrui unicità e quindi essere sè stessi, impatto del lavoro sulla società, empatia.

Alex Kjerulf, padrone di casa e uno dei massimi esperti internazionale sul tema, sostiene che “il futuro del lavoro è la felicità. Non ci sono altre strade, in un modo o nell’altro per l’evoluzione del mondo del lavoro attuale perseguire questa strada è indispensabile. Gli studi mostrano come la felicità al lavoro sia positiva per i dipendenti e per la bottom line. Gli ambienti di lavoro felici sono più efficaci, meno stressanti, hanno basso assenteismo e basso turnover dei dipendenti.

La realtà attuale, vede però spesso premiata la conformità ad un sistema disfunzionale di comportamento. Rich Sheridan, CEO di Menlo Innovation e autore di “Joy inc.” ci ha raccontato che a suo parere “il contrario del coraggio, non è la paura, ma la conformità” e che occorre osare rompere gl schemi e provare nuove soluzioni, occorre osare aiutare le persone a trovare il proprio modo di conciliare vita privata e vita professionale. E lui stesso osa spingendosi oltre il concetto di felicità e parlando di Gioia!

Certo tutto ciò è difficile quando siamo abituati a prenderci tremendamente sul serio al lavoro e l’errore non è contemplato. In realtà gli errori sono alla base dell’apprendimento e indispensabili per lo sviluppo, vanno festeggiati e sfruttati come necessari per l’evoluzione. Monica Hilm, Vienna House, ha concluso la sua presentazione, dedicata a come mettere i propri collaboratori al primo posto, con questa esortazione “prendi il tuo lavoro seriamente, ma non prenderti sul serio e ridi di te stesso“.

I ritmi di lavoro, lo stress ad esso legato, sono dannosi per la salute delle aziende e dei dipendenti. Una ricerca dell’Università di Zurigo mostra che 1 dipendente su 3 è a rischio burnout (collasso fisico o mentale causato da superlavoro o da stress). La causa di questo è l’Acceleration trap: avere troppe cose da fare, troppe cose diverse e non vedere la fine. Jochen Menges,  professore dell’Università di Zurigo, illustra come l’abitudine delle aziende di chiedere continuamente ai propri collaboratori di accelerare, fa peggiorare le performance. Sembra paradossale, ma per migliorare le perfomance è necessario focalizzarsi su una cosa alla volta, priorizzare le attività e non aver paura di fermare quelle non necessarie, coinvolgendo i collaboratori in questo processo di semplificazione. L’obiettivo è arrivare a bilanciare la vita personale con quella professionale per ridurre lo stress e riprendere in mano le redini della propria vita.

E la vita professionale e quella privata sono molto più legate di quello che pensiamo. Arthur Woods, social entrepreneur, afferma che “oggi il lavoro rappresenta l’estenzione di chi siamo“. Inizialmente il lavoro era visto come un impegno che poteva essere misurato con il grado di soddisfazione, poi come una carriera, da misurare con il grado di engagement, oggi è sempre di più legato alla propria vocazione da misurare con quanto ci si senta realizzati. Il 59% delle persone lascerebbe l’attuale lavoro per un altro che le faccia sentire realizzate, essendo persino disposte a diminuire il proprio reddito del 10% e oltre.

Non più RISORSE UMANE, ma ESSERI UMANI

E come esseri umani, non è la soddisfazione la cosa più importante, ma la felicità. Nelle aziende, per la maggior parte, è la prima ad essere misurata, e la differenza è importante. La soddisfazione misura consa penso del mio lavoro, la felicità misura cosa sento e provo per il mio lavoro. E sappiamo bene che l’agire è molto più influenzato dal sentire che dal pensiero. Infatti le cause più comuni di brutte giornate al lavoro sono legate a ciò che si è provato: cattive relazioni con i colleghi, mancanza di riconoscimento, poco supporto dal capo.

Come agire quindi?

Certamente le aziende sono chiamate a rivedere la propria organizzazione ed i propri processi per accogliere e beneficiare del cambiamento in corso. Ma è responsabilità di ciascuno partire da sè stesso ed innescare il processo. Come diceva Gandhi, “sii tu il cambiamento che vuoi vedere nel mondo“. Ecco i miei suggerimenti:

  • osiamo essere coraggiosi e non conformarci
  • stabiliamo relazioni sincere con i colleghi
  • osiamo gesti gratuiti di gentilezza e di supporto
  • diamo feedback positivi a colleghi, capi e collaboratori
  • prendiamo l’abitudine dello scrivere quotidianamente le 3 cose belle al lavoro della giornata, è provato che dopo due settimane di pratica, ci sono miglioramenti nella propria energia e nella propria visione

Le mie tre cose belle di questo evento sono state:

  1. la certezza che è in atto un movimento che cambierà il nostro modo di lavorare
  2. lo scambio ed il confronto con 200 persone di 25 nazionalità diverse
  3. aver appreso strumenti utili per il mio lavoro

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